Il Femminismo bon ton fatica a capire il significato di Lotto Marzo
“dove c’è invisibilità, non c’è tutela”
Se non l’avete ancora letto, fatelo.
No, non stiamo facendo pubblicità alla “Lettera aperta a chi manifesta l’8 marzo” scritta da
alcune donne che aderiscono alla ” Rete femminista Dichiariamo ” e pubblicato dalle
Donne dell’UDI. Vogliamo denunciare i contenuti di una lettera intrisa di razzismo,
classismo ed esclusione. Tutto ciò contro cui lottiamo da sempre.
Si tratta di una lettera che nega, senza giro di parole, i diritti a tutte le soggettività che si
vogliono affermare e a tutti i movimenti che danno voce alle lesbiche, ai/alle transgender,
ai7alle sex worker, a chi sceglie la gestazione per altri.
Donne per bene e donne per male.
Una dicotomia vecchia quanto attuale. La lettera aperta non chiama al confronto
ma impone dall’alto la visione di un gruppo di “donne benpensanti” che su come
dovrebbero stare le cose.
O sei una femmina/donna per bene come vuole il “morale” o sei una donna per male! E
chi lo stabilisce?
Perché ci sentiamo in trincea? Perché urliamo?
Perché attraverso “la capacità di prendere in considerazione la molteplicità di fattori che
definiscono la nostra identità: il genere, l’etnia, l’orientamento sessuale, la religione, età e
status migratorio […] si riesce a capire l’impatto di situazioni di oppressione o di privilegio
nella vita di ciascuna soggettività.”
Ecco perché è necessario dare voce a tutte le soggettività e non arrogarsi il diritto di
parlare per altre.
Quando, ad esempio, negano di riconoscere il sex work come lavoro, negano di fatto
l’autodeterminazione di una categoria di lavoratrici e lavoratori. Stigmatizzando l’esistenza
di chi sceglie il sex work si rifiuta di riconoscere le loro rivendicazioni e il sex work come
Human Rights.
Lo stigma ha un impatto negativo su una categoria di persone già vulnerabili e
socialmente marginalizzate come i/le sex worker, le persone migranti, creando un
ambiente più ostile ed emarginante.
Molte/i sex worker migranti sono vulnerabili per le condizioni abitative instabili, il livello di
povertà ed esclusione, per i debiti e l’isolamento, non solo socialmente, ma anche rispetto
a servizi essenziali accessibili da altri gruppi sociali.
Sono le prime a chiedere di parlare delle loro condizioni di lavoro, delle discriminazioni,
delle violenze a cui sono soggette, dei pregiudizi e della forte e crescente repressione
contro il sex work. Si lavoro per vivere. Nessun lavoro è degradante ma le condizioni di
tutti i lavori tolgono dignità alle persone.
E lo ribadiamo che il sex work regolamentato nulla ha a che fare con la tratta di persone
con lo scopo di grave sfruttamento sessuale. Lottiamo affinché cessino tutte le violenze
contro i/le sex worker e che ci sia il riconoscimento del sex work.
Oggi, ci troviamo in Piazza Libertà, la simbolica Piazza del Mondo, dove diverse
associazioni e Persone accolgono e prendono cura di altre Persone migranti che
giungono dalla Rotta Balcanica. Una piazza dove si tenta di ridare dignità a chi giunge da
percorsi di viaggio lunghi e pericolosi, gestiti da trafficanti e organizzazioni criminali.
Queste Persone portano appresso anche il fardello della loro storia di vita.
Come quando, ad esempio, una donna migrante racconta che per superare un esame nel
suo corso di studio è stata costretta ad avere rapporti sessuali e non poteva dirlo a
nessuno.
O quando una vedova con figli piccoli viene cacciata via dalla casa dove viveva con il
marito prima della sua morte e deve arrangiarsi.
O, ancora, quando a causa dello stigma contro una giovane ragazza che partorisce prima
di sposarsi e il figlio o la figlia viene esclusa dalla comunità di appartenenza.
La chiusura delle frontiere costringe le persone ad affrontare rotte insidiose come quella
mediterranea o quella ancora più vicina a noi. Denunciamo le violenze sistemiche lungo la
rotta Balcanica agita dalle forze dell’ordine attraverso i push back, pestaggi, sequestro di
cellulari e altri effetti personali e detenzioni arbitrarie.
Denunciamo anche la violenza che subiscono le donne nei paesi di origine, in transito nei
paesi europei, negli ambienti di lavoro e nel tragitto migratorio, specie se sole, per mano
dei trafficanti, i datori di lavoro o i compagni di viaggio.
Di storie di questo genere ne sentiamo ogni giorno come operatrici che cercano di
ricostruire un pezzo della storia delle migranti e dei migranti che incontriamo.
Ma quando un amministratore locale chiama ‘feccia’ chi arriva dall’altra parte del mondo,
senza tener conto della storia di vita delle singole persone, non si può non pensare al fatto
che viene meno al suo dovere istituzionale e crea, attraverso le parole di odio, un
ambiente più ostile ed emarginante nei confronti dei MSNA e delle Persone migranti.
La nostra lotta è anche per chi vive qui regolarmente e contribuisce alla vita economica
ma non riesce a trovare una casa in affitto per il colore della pelle pur avendo un lavoro,
per chi fatica ad avere un contratto di lavoro dignitoso e deve tenere la testa bassa pur di
avere un contratto per rinnovare il permesso di soggiorno. Per chi lavora per lunghe ore
quando invece sul contratto di lavoro sono segnate meno ore; per chi non viene pagato
adeguatamente o non riceve lo stipendio regolarmente.
Grazie all’intersezionalità si riesce a “cogliere meglio le ingiustizie sistemiche, istituzionali
e sociali, illuminando quelle zone di intersezione, spesso invisibili, dove si annida la
discriminazione.”*
….
VIVA LE SEX WORKER, VIVA LE PERSONE MIGRANTI, VIVA LOTTO MARZO !
https://tampep.eu/
KimberlèCrenshaw: (https://www.lexiuris.it/biografia-kimberle-williams-crenshaw/)
(https://www.lexiuris.it/biografia-kimberle-williams-crenshaw/)