Lisetta Carmi era nata nel 1924 e ora è diventata invisibile. Quello che segue è parte di un racconto sul suo lavoro di fotografa nel ghetto di Genova che ho scritto per La Stampa l’estate scorsa.
Che il suo ricordo sia benedizione.
Le foto che Lisetta Carmi realizza negli anni Sessanta nell’antico ghetto ebraico di Genova, stretto tra via del Campo e piazza Fossatello, dove allora e oggi vivono e lavorano travestiti, transessuali, transgender, ormai sono famosissime. Furono realizzate dal 1965 al 1971, quando Carmi, a una festa di Capodanno, fece amicizia con tutte, si trasferì a vivere lì, regalando le foto a chi aveva posato. Scelta inaudita per una ragazza di una buona famiglia ebraica, sopravvissuta alle persecuzioni fasciste. La madre insegnante, il fratello Eugenio pittore di fama, Lisetta è concertista ma molla tutto quando, il giugno del 1960, il suo maestro di pianoforte le vieta di partecipare alla protesta della città, perché pericoloso per le sue mani (“e se ti fai male?”). Lei risponde: Se le mie mani sono più importanti del resto dell’umanità smetto di suonare il pianoforte”. Da allora fotografa e basta: i portuali, gli operai, i minatori sardi, le sue amiche del ghetto, anche Erza Pound ormai pazzo e moribondo. Le foto dei travestiti vengono raccolte in un libro autoprodotto, semi-clandestino, divenuto oggi così raro che non bastano 5mila dollari per comprarlo. Ma nel ‘72 i librai non lo vogliono, tutto sta per andare al macero. L’artista Francesco Vezzoli racconta: “Allora un’intellettuale radicale, Barbara Alberti, decide di comprare tutti i libri. Tutti! E ne fa un tavolo, lo mette di fronte al divano. Decide che questo libro frainteso deve essere donato solo alle persone intelligenti. È una storia che adoro: Lisetta Carmi, questa donna, borghese, ebrea, super intelligente, realizza un libro. Il libro non vende. Un’altra donna intelligente compra tutti i libri e decide di diventarne il distributore surreale, il distributore astratto di un oggetto intellettuale che è troppo radicale per essere acquistato”. Travestiti, infatti, ebbe quella che Lisetta Carmi ha definito un’accoglienza spaventosa: “E’ stato un dramma. Cesare Musatti rifiutò di presentarlo dicendo che per lui erano tutta gente da mettere all’ospedale. Alla fine lo presentò Mario Mieli a Milano e Dacia Maraini a Roma”. Lisetta Carmi non si limitava a fotografare, parlava con le sue amiche, ascoltava le storie. Una parte di queste interviste è diventata il testo che accompagna le foto di personaggi che sono entrati poi nella leggenda della città. Come Morena, quella che ha ispirato “Via del Campo” a De Andrè. Ha raccontato Carmi: “Avrebbe voluto fare la suora. Casa sua era piena di immagini religiose, oltre ad un bellissimo ritratto di lei vestita da suora. Mi ha chiamata prima di morire, dopo trent’anni. Ci siamo abbracciate”. Il ghetto esiste ancora, abitato da quelli e da quelle che erano appena bambini quando Carmi ci entrò (…)